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    GIORGIONE
    cacciatore di quadri

     
    Lezione spettacolo 2010
    progetto di Andrea Pennacchi 

    “Sono nato in un secolo raro, nel quale il mondo intero si è manifestato, è l’arte tipografica e molte altre cose, nascoste agli antichi, sono state scoperte e apprese”
    Gerolamo Cardano, nato nel 1501

    Alla luce del reiterato successo delle LEZIONI SPETTACOLO, l'iniziativa progettuale di formazione del pubblico rivolta agli istituti superiori della regione, nel 2010/2011 Arteven e la Regione del Veneto in occasione del 500° anniversario (1510 - 2010) dalla morte dedicheranno la lezione in forma di spettacolo all’artista rinascimentale Giorgio o Zorzi da Castelfranco detto GIORGIONE, La nuova lezione di Arteven su Giorgione, cui molti Istituti superiori hanno già aderito per l'anno a venire, sarà un'ulteriore occasione di promozione dell’arte teatrale ad uso didattico e di riconoscimento del valore educativo del teatro inserito nel mondo della scuola.

    A supporto della lezione in forma di spettacolo, quale materiale didattico preparatorio all'evento, Arteven ha prodotto, come ogni anno, una pubblicazione.

    Quelle precedenti sono al momento consultabili nel nostro sito in questa sezione.

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    PROLOGO..Un assaggio....


    Di recente si è conclusa, a Castelfranco, una mostra dedicata a Giorgione coronata da un grande – e forse un po’ inaspettato – successo, prova incontrovertibile che il fascino esercitato dall’opera di un grande artista non ha mai data di scadenza. Il fatto è che noi, di Zorzi da Castelfranco, pittore e musicista, morto giovane di peste, conosciamo proprio poco, al di fuori delle sue opere.
    Della vita di Giorgione, Zorzon, soprannome che deriverebbe “dalle fattezze della persona et la grandezza dell’animo”, quel poco che sappiamo ce lo dice per lo più Giorgio Vasari, che ne situa la nascita a Castelfranco Veneto, tra la fine del 1477 e l’inizio del 1478, e lo colloca già dalla sua prima formazione a Venezia, una delle capitali culturali dell’epoca: qui entra in contatto con circoli aristocratici, presso i quali conosce e condivide la passione per le cose d’amore e per la musica. «Dilettossi continovamente delle cose d’amore,
    et piacquegli il suono del liuto mirabilmente: anzi tanto, che egli suonava et cantava nel suo tempo tanto divinamente, che egli era spesso per quello adoperato a diverse musiche, et onoranze, et radunate di persone nobili».
    Gli altri documenti che gli storici hanno a disposizione per ricostruire la vicenda umana del Giorgione sono davvero pochi e di natura assai diversa: il suo nome compare, forse autografo, su di un quadro del 1506, una Laura, e poi su qualche attestazione di pagamento da parte del Senato Veneziano. Sappiamo che muore nel 1510 o nel 1511 di peste (o di peste d’amore, la temuta sifilide): lo sappiamo con certezza solo perché la marchesa Isabella d’Este, pestifera collezionista, tenta subito di accaparrarsi una delle sue opere
    rimaste invendute in bottega.
    Artista colto e originale, Giorgione era osannato anche fuori da Venezia tra ricchi committenti e artisti. Le scarse testimonianze sulla sua vita e la mancanza di autografi rendono difficile anche l’attribuzione delle sue opere, che è a tutt’oggi in discussione. Soltanto una trentina di lavori gli vengono attribuiti con qualche certezza.
    Giorgione resta comunque sfuggente, inafferrabile e misterioso. Un mito.
    Così, ne Il fuoco (1928), Gabriele D’Annunzio (più esattamente il suo alter ego Stelio Effrena) ‘racconta’ Giorgione, le cui forme confuse gli si avvicinano su una costa misteriosa, avvolto dal mistero di una nube di fuoco: «Egli appare piuttosto come un mito che come un uomo. Nessun destino di poeta è comparabile al suo, in terra. Tutto, o quasi di lui s’ignora, e taluno giunge a negare la sua esistenza. Il suo nome non è scritto in alcuna opera; e taluno non gli riconosce alcuna opera certa. Pure, tutta l’arte veneziana sembra infiammata dalla sua rivelazione... ». In realtà, continua Stelio, Giorgione per l’arte rappresenta l’epifania del fuoco e dovrebbe essere chiamato «il portatore del fuoco», come Prometeo.
    Ma cosa rende Giorgione tanto interessante?
    Forse la luce, che nella pittura di Giorgione è entità alta, quasi intangibile, come se sulle Prealpi Venete si spalancasse il primo mattino del mondo, la luce dei primi giorni della creazione, ancora fresca e pura? La capacità di dipingere paesaggi familiari e inquietanti al tempo stesso, portando Bosch e le sue immagini oniriche nella pianura padana? Oppure la rivoluzionaria rappresentazione dei “moti dell’animo”, quella fisiognomica (lo studio di come i caratteri e i sentimenti si riflettono sui tratti fisici) a cui Leonardo ha dedicato la sua intera esistenza, e da cui nasce la psicologia moderna? Mai come in questo caso, il presente libretto non è tanto la trascrizione
    di un copione teatrale quanto piuttosto un companion, una sintesi delle informazioni che abbiamo raccolto per rispondere alla sfida lanciata da Giorgione: come trasmettere, con la magia delle parole, le suggestioni dell’arte figurativa a un pubblico? Come riportare le potenzialità teatrali dello studio dei “moti dell’animo”, e la musica e i ritmi adeguati a questo studio? O descrivere il lungo processo che porta alla creazione di un dipinto? Una corrente critica, quella che segue il principio secondo cui «tutte le arti tendono alla condizione della musica», trova forte la connessione tra i toni sfumati dei colori del Giorgione e quelli musicali, tendendo a «far rivivere con equivalenze verbali l’emozione visiva». Compito arduo. Un viaggio che lascia a bocca aperta per lo stupore, tra i particolari meravigliosi dei quadri di Giorgione, guidati da esperti che indicano ora un occhio, ora un lampo, un seno scoperto.
    A cosa serve un quadro? Come si fa a dipingere un capolavoro? Chi decide poi che lo sia davvero, un capolavoro? Cos’è il genio?
    Il tentativo di rispondere è da vedere e sentire.

    Andrea Pennacchi

     

     
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