il passato è come un paese straniero, dove si fa tutto in maniera diversa
Non bisogna essere architetti per rimanere incantati davanti a una delle ville palladiane, o al Teatro Olimpico di Vicenza.
Sparsi per il mondo occidentale, ancora oggi a cinquecento anni esatti dalla nascita, vi sono centinaia di migliaia di abitazioni, di edifici pubblici e di chiese che
derivano dai progetti di Andrea Palladio. Al tempo stesso, però, Palladio è anche il nome di una finanziaria, una ditta di design, una di grafica, serramenti e di un
centro commerciale.
Andrea di Pietro della Gondola, nasce a Padova nel 1508, nel luogo e momento più opportuni. L’anno dopo avrebbe rischiato di morire per gli effetti dell’assedio
imperiale alla città. I primi cantieri edili visti dal giovane Andrea sono quelli per le imponenti mura veneziane che ancora circondano la città.
Quello che intendo proporre è un racconto per provare a descrivere il contesto in cui si è formato il genio architettonico di Palladio, la cui gioventù e apprendistato
coincisero con uno dei momenti più creativi della storia della cultura europea: il Rinascimento.
La rivoluzione culturale del Rinascimento, però, lungi dall’essere una pacifica età dell’oro, si sviluppò in un contesto politico e sociale in crisi, in un’Italia attraversata
da eserciti in armi, devastata da guerre e carestie.
La fortuna lo fece nascere non a Roma o a Firenze, le capitali del Rinascimento, dove sarebbe stato solo uno dei tanti maestri delle fiorenti scuole nate lì, bensì
nell’unica regione periferica in cui stesse sorgendo un’età dell’oro: La Repubblica Veneta. La storia del genio architettonico del Palladio è strettamente legata a quest’area, dove visse contemporaneamente a maestri come il Veronese, il Tintoretto e il Tiziano. E al drammaturgo Ruzante.
Il periodo della gioventù viene spesso considerato in subordine alla futura grandezza dell’architetto: ma è questo il momento fondamentale per lo sviluppo delle
sue idee e dei suoi sogni e quello su cui si concentra questo racconto.
Dalla “fuga” da Padova e dal primo lavoro nella bottega di scalpellino in cui faceva da apprendista, all’incontro a Vicenza con l’umanista Giangiorgio Trissino (che
ne curò l’educazione) fino alla decisione di cambiare il proprio nome in Palladio, che richiamava la sapienza di Pallade Atena maestra nelle arti liberali e nel culto
delle muse. Per terminare con la possibile amicizia padovana con Alvise Cornaro e il pittore veronese Falconetto, costruttori della famosa Loggia e dell’Odeon teatrale in cui Ruzante rappresentava i suoi testi.
Un racconto anche per fare conoscenza con un essere umano descritto dalle fonti contemporanee come: “ben voluto da tutti, nella conversazione, piacevolissimo e
facetissimo, sicché dava estremo gusto alli gentiluomini e Signori con quali trattava come anco agli operari, dei quali si serviva, tenendoli sempre allegri”.
Un racconto per evitare che i ragazzi delle scuole ricordino Palladio solo come un centro commerciale.
Andrea Pennacchi